Checco Nardi: il pittore di Follina che dipingeva le porte

28 Feb 2019

Nel piccolo borgo di Follina, tra le colline del Prosecco, viveva un artista che utilizzava le porte come tele per le sue opere.

Francesco, detto Checco, Nardi aveva iniziato a lavorare in un lanificio del paese, per poi arruolarsi in marina. Ma il richiamo dell’arte lo riportò nella terra natia, dove iniziò a realizzare i suoi lavori, dipingendo su muri, mobili, finestre ma soprattutto porte.

Sui pannelli delle porte, Nardi esprimeva con forza e schiettezza le emozioni più intense del vivere. La disperazione, la rabbia e l’euforia vengono rappresentate su vecchi serramenti, talvolta come immagini astratte, talvolta come figure mostruose e poetiche, altre volte ancora con collage apparentemente disordinati di paccottiglie.

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Sulle sue porte, infatti,  Checco Nardi non si limitava a tracciare scritte e delineare figure: applicava anche fotografie, ritagli, pezzi di cappotti, vecchie bambole, sveglie rotte… elementi che si trasformavano, come la porta, da oggetti della vita quotidiana a linguaggio creativo.

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E così, attraverso i suoi graffiti intensi e coinvolgenti, un oggetto semplice come una porta, che spesso passa inosservato, diventava non solo supporto per l’arte, ma opera d’arte esso stesso.

I lavori di Nardi, l’artista della Vallata, riscossero enorme successo in Italia e in tutta Europa. Le sue porte d’autore vennero esposte in numerose mostre ed eventi, da Milano a Berlino. Ma il suo più grande orgoglio fu la rassegna “Banditi dell’arte”, tenutasi presso la Halle Saint Pierre a Parigi, dove i suoi lavori erano esposti insieme a quelli dei più grandi esponenti dell’Art Brut italiana. Non solo: per la loro evocativa bellezza le sue porte furono scelte per comparire sui manifesti e sulla copertina del catalogo.

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Quella di Parigi fu l’ultima esposizione di Nardi, che scomparve poco dopo, nel gennaio del 2013, a Follina.

Oggi rimangono le sue porte meravigliose, ancora visibili in alcuni dei locali più famosi del paese: porte trasfigurate in tele insolite, in narrazioni fantastiche e disperate, come era la sua arte.

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